COSTUME & SOCIETA’ – Il 2024 è un anno bisestile: ecco perché si dice porti sfortuna

Per capire perché nel corso dei secoli si è tramandata la sfortuna rispetto agli anni bisestili bisogna tornare ai tempi degli antichi romani

ROMA – ‘Anno bisesto, anno funesto’, recita un antico detto popolare. Il 2024 è un anno bisestile, ossia al posto dei canonici 365 giorni, ce ne sarà uno in più. Nello specifico, febbraio avrà 29 giorni anziché 28. Questo accade ogni 4 anni. Secondo antiche credenze, gli anni bisestili sarebbero anni caratterizzati dalla sfortuna. Ma da cosa deriva questa superstizione?

ANNO BISESTILE, LE ORIGINI DELLA SFORTUNA

Per capire perché nel corso dei secoli si è tramandata la sfortuna rispetto agli anni bisestili bisogna tornare ai tempi degli antichi romani.

La Terra impiega 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi a completare un’orbita intorno al Sole. Il calendario gregoriano, quello che utilizziamo, conta però soltanto 365 giorni. Per evitare la progressiva divergenza delle stagioni, le ore in avanzo vengono riallineate ogni 4 anni con l’anno bisestile. Se non aggiungessimo un giorno ogni 4 anni, nell’arco di un secolo il calendario astronomico e quello umano sarebbero sfasati di 24 giorni.

Questo calcolo risale ai tempi dei Romani. Precisamente, nel 46 a.C. Giulio Cesare, per pareggiare i conti con le ore di ‘avanzo’, seguendo i calcoli dell’astronomo Sosigene di Alessandria, introdusse nel calendario un giorno in più ogni 4 anni, subito dopo il 24 febbraio. In latino il 24 febbraio era il ‘sexto die ante Calendas Martias‘, e quel giorno diventò il ‘bis sexto die’, da cui la denominazione ‘bisestile’.

Ogni 21 di febbraio, gli antichi Romani celebravano i Feralia, festività dedicate ai defunti. Quel giorno i cittadini si recavano alle tombe dei propri antenati, portando con sé offerte rituali. Aggiungere un giorno in più a febbraio significava per l’epoca prolungare un mese associato alla morte. Da qui la superstizione che l’anno bisestile sia di cattivo auspicio.

Fonte Agenzia DIRE – www.dire.it

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